Per oltre un secolo, c'è stato un notevole interesse per gli effetti del condizionamento atletico sul sistema cardiovascolare. L'avvento dell'ecocardiografia, risalente a più di 30 anni fa, ha fornito una valutazione quantitativa e non invasiva del rimodellamento cardiaco associato all’allenamento costante e, di conseguenza, una grossa parte della letteratura scientifica si è concentrata sulla varietà di alterazioni conosciute come "cuore d'atleta".
I primi resoconti che descrivono l’ampliamento cardiaco negli atleti risalgono alla fine del 1890. In Europa, il medico svedese Henschen utilizzò, tecniche oggi rudimentali, ma efficaci, come l’auscultazione e la percussione, per dimostrare l’aumento delle dimensioni cardiache in atleti fondisti. Osservazioni simili sono state fatte, nello stesso anno, da Eugene Tesoro sul team di vogatori della Harvard University.
All'inizio del 1900, Paul Dudley Bianco ha studiato la frequenza del polso radiale su un campione tra i concorrenti della Maratona di Boston, ed è stato il primo a segnalare una spiccata bradicardia sinusale a riposo nei maratoneti. Le radiografie toraciche confermarono i risultati dell'esame fisico di Darling e Henschen mostrando un allargamento cardiaco globale negli atleti. Lo sviluppo successivo dell’ ECG favorì una rapida diffusione dello studio sull'attività elettrica nel cuore degli atleti. Furono così riscontrati, in soggetti sani allenati, variazioni morfologiche come l’ipertrofia cardiaca e variazioni funzionali come bradiaritmie e tachiartimie. Recentemente, lo sviluppo e la rapida diffusione dell’ecocardiografia bi-dimensionale e volumetrica e della risonanza magnetica con descrizioni di allargamento della camera ventricolare, ipertrofia miocardica e dilatazione atriale hanno portato ad ulteriori progressi nella conoscenza del cuore d’atleta oltre a chiarirne importanti adattamenti funzionali.
Il rimodellamento cardiaco è spesso associato ad uno stato patologico, ma nel caso del cuore d’atleta questo rimodellamento viene considerato un adattamento fisiologico.
C’è stata una lunga diatriba sul fatto che gli adattamenti cardiaci siano davvero fisiologici oppure, a lungo andare possono portare a patologie irreversibili come l’insufficienza cardiaca, aritmie o anche a morte cardiaca improvvisa. Uno studio condotto a livello mondiale su un campione di 114 atleti olimpionici, che avevano l’attività agonistica per un periodo variabile dai 4 ai 17 anni, ha rilevato che l’ipertrofia ventricolare sinistra, in assenza di esercizio fisico eccessivo, regredisce spontaneamente, dimostrando che tale adattamento è di tipo fisiologico e benigno.
Ok...mi sono fatta prendere la mano...
Volevo fare la sborona e far vedere che non ho studiato allUniveristà della Fuffa... Ora lo traduco per farlo capire pure a mi nonna 'n cariola: negli atleti si verifica un allargamento ed un ispessimento del ventricolo sinistro. Questo "rimodellamento cardiaco" non è patologico (non è una malattia) e regredisce spontaneamente nel momento in cui cessa l'allenamento intensivo.
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